Face Off

L’effetto mediatico della presidenza Trump finora è stato simile al finale di They Live, quando il ripetitore adibito a diffondere il segnale che altera la percezione viene distrutto, e tutti vedono il volto mostruoso dei loro sfruttatori per quello che è.
Un’Apocalisse nel senso originario del termine: rivelazione.
Il reciproco rabbioso disprezzo fra Donald Trump e i media mainstream, dal New York Times a Hollywood, segna una frattura epocale che attraversa il cuore stesso dell’egemonia USA, perché separa la propaganda dal trono.
Senza la maschera intessuta dai media embedded, il re è nudo in tutta la sua orrida sembianza, come gli sfruttatori alieni di Essi Vivono senza il segnale del ripetitore che la Resistenza umana fa saltare nel finale.
E allo stesso modo, senza la complice copertura del potere politico, gli spacciatori professionisti di fake news sono esposti come mai prima d’ora.
Nell’azzannarsi a vicenda dandosi reciprocamente del cazzaro, il presidente e il sistema mediatico segano il ramo su cui sono seduti entrambi.
They Lie, Essi Mentono, come sempre, ma invece di concordare le versioni come ai tempi delle false fialette d’antrace, stavolta si strappano la maschera a vicenda.
Nessuno può credere a niente di quello che dicono, e adesso è ufficiale.
Che il paese sia spaccato non è una novità, lo era anche ai tempi di Obama, il presidente-immagine vincitore d’un Nobel sulla fiducia. Allora però i media cercavano di stuccare le crepe sempre più profonde, adesso le evidenziano, amplificando la portata d’ogni manifestazione e d’ogni iniziativa anti-presidenziale come uno specchio magico.
Coi media esteri il conflitto è ancora più aspro. In Europa, The Donald viene sistematicamente ritratto come un grottesco demente nazista.
Un collettivo esercizio d’ipocrisia da parte di quella stessa Europa che finanzia i campi di concentramento in Turchia e in Libia.
Fin dal secondo dopoguerra, il default mode dei media mainstream occidentali verso il presidente degli Stati Uniti era sempre stato il classico servo encomio, in diverse gradazioni, con qualche eccezione per i più sputtanati, e punte d’idolatria per i più fotogenici. L’attuale unanime costernato disprezzo verso Trump è quindi particolarmente inedito.
La novità è il conflitto, il face off tra il re e il suo specchio magico, che adesso invece di ripetergli che è il più bello del reame, gli sbatte quotidianamente in faccia la sua mostruosità. E la rispecchia.
Nessun impero s’è mai retto solo sulla forza, senza una facciata, senza una narrazione.
La Chiesa Cattolica ha dominato il mondo per un millennio controllando gli uomini dall’interno delle loro coscienze.
Hollywood ha riscritto la Storia dell’umanità dando a ogni eroe, ogni genio, ogni profeta, reale e/o immaginario, passato, presente e futuro, un volto, un sistema di valori e un accento americano. Da Spartacus a Siddharta, da Leonardo da Vinci a Motoko Kusanagi di Ghost in the Shell.
Americanes. Eymerich Canes, i Cani di Eymerich, l’assonanza è suggestiva e pertinente.
Gli USA incarnano da secoli la bastardizzazione di quello che fu l’imperialismo della Chiesa, la pretesa di unire e soggiogare tutto il mondo conosciuto sotto un solo Ordine, e un solo Credo.
Occupare e colonizzare i territori dell’immaginario come quelli del pianeta.
La faccia dell’impero è la sua arma più potente, e il suo scudo.
La presidenza Trump sta defacciando l’America.
Trump e il suo conflitto coi media stanno definitivamente strappando agli USA la maschera di benevolo protettore del mondo, stanno raschiando via fino all’ultimo brandello di pelle sintetica dallo scheletro metallico del colonialismo stragista.
L’Armageddon, la valle dell’ultima battaglia non è un luogo geografico, è l’immaginario collettivo.
L’Apocalisse, nel senso originario del termine, è cominciata.